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PAC 2023 - 2027: STRATEGIE DI MITIGAZIONE DELLE EMISSIONI

Redazione ASCHENAZIA • apr 25, 2023

ANALISI DELLE SCELTE STRATEGICHE DELL'ITALIA E LE POSSIBILI RICADUTE

La qualità dell'aria è uno dei temi connessi alle emergenze ambientali che, assieme ai cambiamenti climatici ed alla gestione dei rifiuti e delle acque, è oggetto sempre di maggiore attenzione e preoccupazione da parte delle istituzioni e dei cittadini. 

Il 
legislatore europeo e nazionale, anche in relazione alle ripercussioni che l'inquinamento atmosferico ha sulla salute umana e sugli ecosistemi, sta implementando un sistema normativo che pone le basi per il progressivo decremento degli inquinanti atmosferici.

La questione è stata al centro, il 16 marzo scorso, di un seminario proposto dal CREA - Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia, nell'ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale, che ha sia analizzato le misure previste nel Piano Strategico Nazionale della Politica agricola comune in materia di qualità dell'aria e del clima, che presentato alcune riflessioni sulle possibili ricadute per la zootecnia italiana e per il commercio estero dei prodotti di origine animale derivanti dalla revisione della normativa in materia. 


 

IL PIANO STRATEGICO

Il Piano Strategico della PAC (PSP) rappresenta una vera e propria sfida per il Paese, in quanto per la prima volta vengono raccolti in un unico documento di programmazione tutti gli strumenti della Politica Agricola Comunitaria (PAC), rafforzando la coerenza degli interventi messi in atto. 

Gli 
obiettivi specifici in materia di ambiente e clima riguardano la mitigazione dei cambiamenti climatici e l'adattamento a essi, anche attraverso la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e il miglioramento del sequestro di carbonio, nonché attraverso la promozione di energia sostenibile (SO4) e attraverso una gestione efficiente delle risorse naturali come acqua, suolo e aria (SO5). 

Le raccomandazioni della Commissione (Commissione europea, 2020), collegate all'Obiettivo specifico 4, hanno messo in evidenza sin da subito, la 
necessità di definire una strategia per il controllo dell'inquinamento atmosferico e le azioni che andranno a soddisfare gli impegni in materia di riduzione delle emissioni. La Commissione, inoltre, ha sottolineato l'importanza di individuare le esigenze nazionali direttamente connesse alla riduzione delle emissioni di ammoniaca.


LE PRATICHE VOLTE ALLA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI CLIMALTERANTI

Al fine di migliorare l'adattamento ai cambiamenti climatici il PSP articola una serie di azioni di prevenzione volte ad aumentare la resilienza, rispecchiando adeguatamente le priorità individuate nella strategia nazionale.
Il Piano comprende una serie di interventi e azioni volti a ridurre le emissioni di gas climalteranti e ad aumentare le capacità di sequestro del carbonio del settore agricolo e forestale, nonché a ridurre le emissioni di metano e protossido di azoto connesse alla gestione degli allevamenti zootecnici e all'impiego di fertilizzanti azotati di sintesi. 

Ad esempio, 
tra le norme della condizionalità ritroviamo:
 

  • il mantenimento dei prati permanenti e il divieto di conversione o aratura dei prati permanenti nei siti di Natura 2000;
  • la protezione adeguata di zone umide e torbiere; 
  • la rotazione delle colture; 
  • la copertura del suolo.

Nell'ambito del primo Pilastrol'Eco-schema 2 "Inerbimento delle colture arboree" e l'Eco-schema 4 "Sistemi foraggeri estensivi con avvicendamento" contribuiscono sia a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra che a incrementare la capacità di sequestro del carbonio dei terreni agricoli ed a favorire la conservazione ed il ripristino della fertilità del suolo.

Sebbene gli interventi del primo Pilastro siano quelli maggiormente connessi alla riduzione delle emissioni, anche il
 secondo Pilastro, tra gli interventi dello sviluppo rurale, include una serie di misure utili ad aumentare la capacità di sequestro del carbonio del suolo e tra queste ritroviamo:
 

  • la copertura del suolo (incluso l'inerbimento delle superfici arboree e delle colture intercalari),
  • la lavorazione ridotta,
  • la permanenza dei residui colturali sulla superficie del suolo o il loro interramento,
  • la gestione sostenibile degli apporti di sostanza organica,
  • la conversione dei seminativi in prati e pascoli, il mantenimento dei prati permanenti,
  • i terreni a riposo,
  • l'agro-forestazione,
  • l'agricoltura biologica,
  • la produzione integrata,
  • l'agricoltura di precisione,
  • le infrastrutture ecologiche (ad es. fasce tampone, fasce erbacee, boschetti, prati umidi e zone umide, ecc.) e gli investimenti per la promozione delle energie rinnovabili e la copertura degli stoccaggi.


LE PRATICHE VOLTE ALLA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI AMMONIACA

Le emissioni in agricoltura sono in parte incomprimibili in quanto sono parte di un "processo biologico" finalizzato alla produzione sia agroalimentare che di beni pubblici aventi portata strategica. Il settore agricolo, infatti, è multifunzionale e svolge un ruolo primario in quanto garantisce l'autosufficienza alimentare; la gestione e manutenzione del territorio, evitando i fenomeni di dissesto idrogeologico; il sequestro del carbonio; il mantenimento degli ecosistemi e del paesaggio.

Tuttavia, 
il settore zootecnico italiano ha continuato a diminuire le proprie emissioni di gas climalteranti ed inquinanti.
In particolare, per l'
ammoniaca, in Italia, si è registrata, una decrescita delle emissioni già a partire dal 2013 seguita dalla stabilizzazione a circa 378.000 tonnellate di NH3 nel 2015. Tuttavia, dall'analisi dei dati redatti da ISPRA, si evidenzia che le emissioni di ammoniaca sono diminuite del 23% nel 2018, pari a 345.000 tonnellate di NH3, rispetto ai livelli del 1990 pari a 475.000 tonnellate e che tra il 1990 e il 2020 le stesse emissioni si sono ridotte del 24%.
 

Tali riduzioni delle emissioni di ammoniaca sono attribuibili alla concomitanza di diversi fattori, quali i positivi cambiamenti nella gestione delle deiezioni animali, il minor impiego di fertilizzanti sintetici azotati, l'attuazione dei programmi della Politica Agricola Comune (PAC) e la forte espansione del numero di impianti per la produzione di biogas, soprattutto nel settore agricolo. 

In merito alla 
diffusione delle energie rinnovabili, si rappresenta che in Italia, nel 2020, risultano operativi 2.201 impianti di biogas per un totale di oltre 1.450KW installati, di cui 1.734 impianti ubicati in ambito agricolo (fonte TERNA) e, prevalentemente, nelle Regioni del Bacino Padano. Tali impianti hanno una potenza media pari a circa 1 MW, una produzione di energia elettrica di circa 7 TWh e sono alimentati con matrici organiche (fonte TERNA), costituite anche da reflui zootecnici.

Per quanto concerne la Politica agricola comune, si rileva che nel Piano Strategico Nazionale 2023 - 2027 
tra le norme della condizionalità (aiuti diretti) in grado di migliorare la qualità dell'aria si annoverano le misure inerenti il divieto di bruciare le stoppie, il benessere animale, l'introduzione di fasce tampone lungo i corsi d'acqua, il rispetto della direttiva n. 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dai nitrati e della direttiva n. 2009/128/CE riguardante l'impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari.

Tra le misure dello sviluppo rurale si evidenziano, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
 

  • le misure agro-climatico-ambientali inerenti gli impegni di gestione sostenibile degli apporti di sostanza organica al suolo (tecniche agronomiche di concimazione a bassa emissività per la distribuzione in campo di materiali organici come la fertirrigazione, l'interramento contestuale allo spandimento e l'iniezione diretta),
  • gli impegni specifici di gestione dei residui colturali al fine di evitare la pratica dell'abbruciamento (conferimento dei residui di potatura ad un centro di compostaggio o mantenimento in loco di stoppie e residui colturali, eventualmente trinciati, in modo da formare uno strato protettivo pacciamante di materiale vegetale),
  • le pratiche di agricoltura di precisione, biologica e integrata,
  • le misure riguardanti gli investimenti produttivi agricoli per ambiente, clima e benessere animale (intervento volto alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili favorendo, in particolare, l'utilizzo di prodotti e sottoprodotti di origine agricola, zootecnica e forestale) e quelli non produttivi aventi finalità ambientale (misura per la realizzazione di coperture di stoccaggio fisse ed ancorate ai bordi).


Si evidenzia che le migliori tecniche di distribuzione delle matrici organiche sono quelle in grado di ridurre sia la volatilizzazione dell'ammoniaca, che il tempo di esposizione, nonché le superfici di contatto con l'atmosfera.
A riguardo si rileva che l'interramento completo delle materie organiche, contemporaneo alla distribuzione superficiale rappresenta una delle migliori tecniche.
Sono sconsigliati invece i sistemi di distribuzione ad alta pressione, dati gli elevati rischi di volatilizzazione, mentre l'iniezione diretta risulta essere una buona tecnica di distribuzione ma può determinare perdite di azoto per lisciviazione.

Infine, occorre evidenziare che la diffusione delle tecniche di distribuzione sostenibile delle matrici organiche in ambito agricolo è strettamente connessa all'individuazione di risorse da alloccare per lo smaltimento dell'attuale parco mezzi. 

IL RUOLO DEI MACCHINARI AGRICOLI

Dall'analisi dei dati elaborati da FEDERUNACOMA, si evidenzia che, nonostante gli incentivi per l'acquisto di macchine agricole nuove (ad es. Bando ISI Inail), il mercato delle macchine usate è in continua crescita e nel 2021 è incrementato del 22.6%. Tale dato delinea una situazione di accumulo di macchine obsolete e di un ricambio generazionale piuttosto lento. L'attuale dotazione meccanica delle aziende agricole presenta, al 2021, un parco mezzi avente un'età media di circa 30 anni. 

L'obsolescenza del parco macchine influisce, anche, sul consumo del carburante (emissioni di inquinanti atmosferici) e sulla diffusione dell'innovazione in agricoltura (agricoltura di precisione, agricoltura 4.0, macchine in grado di garantire una distribuzione della sostanza organica a basse emissività). Si rileva, quindi, la necessità di destinare dei fondi per diminuire il mercato delle macchine usate piuttosto che per incentivare l'acquisto di mezzi innovativi alimentati a biometano o a zero emissioni (ad es. elettrico o ibrido). 

In merito, si rappresenta che, attualmente, sul mercato italiano e comunitario l'offerta di trattrici agricole a biometano o a zero emissioni (elettrico o ibrido) è estremamente ridotta, tanto da apparire un mercato di nicchia o prototipale.

LA NORMATIVA IN MATERIA DI QUALITÀ DELL'ARIA

Gli inquinanti atmosferici sono, generalmente, regolati da più fonti normative. L'ammoniaca, ad esempio, è interessata dalla direttiva Industrial Emissions Directive (Direttiva IED) e dalla direttiva National Emission Ceiling (Direttiva NEC).

La 
direttiva NEC è stata emanata dall'Unione europea nel 2016 al fine di ottenere un miglioramento generale della qualità dell'aria e di ridurre di circa il 50% l'impatto degli inquinanti sulla salute umana. Il campo di applicazione della direttiva è circoscritto alla riduzione delle emissioni nazionali di specifici inquinanti atmosferici: ammoniaca, anidride solforosa, polveri sottili, composti organici volatili non metanici e ossidi di azoto.

Nel dettaglio, la Direttiva NEC fissa gli obiettivi strategici per il periodo fino al 2030 con l'intento di progredire verso il miglioramento di lungo termine della qualità dell'aria in Europa, attraverso l'indicazione di percentuali di riduzione delle emissioni nazionali dal 2020 al 2029 ed a partire dal 2030.
Con riferimento all'ammoniaca, per l'Italia la Direttiva n. 2016/2284 (NEC) definisce la diminuzione delle emissioni totali del 5% rispetto ai valori del 2005, dal 2020 al 2029, e del 16% entro il 2030 e da mantenere negli anni a venire.
 

IL CODICE DELLE BUONE PRATICHE

Per rispettare i limiti emissivi per l'ammoniaca assegnati a livello nazionale dal legislatore europeo, ogni Stato Membro deve fornire indicazioni in merito alle misure adottate o da adottare che dovranno essere riportate nel "Codice di buone pratiche agricole per la riduzione delle emissioni di ammoniaca" allegato al Programma di controllo dell'inquinamento atmosferico.In Italia, il 23 dicembre 2021, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stato approvato il Programma Nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico con l'allegato Codice Nazionale indicativo di buone pratiche agricole per il controllo delle emissioni di ammoniaca.

Il Codice nazionale di buone pratiche agricole per il controllo delle emissioni di ammoniaca è stato redatto tenendo conto delle prescrizioni contenute nel Documento di Orientamento sull'Ammoniaca (Ammonia Guidance Document) e nel Documento sulle Migliori Tecniche Disponibili (Best Available Techniques - BAT), nonché secondo le disposizioni comunitarie e nazionali.
Tale Codice ha analizzato gli aspetti inerenti la 
gestione dell'azoto tenendo conto dell'intero ciclo (ricoveri, alimentazione zootecnica, distribuzione degli effluenti di allevamento, sistemi di stoccaggio e impiego dei fertilizzanti azotati di sintesi chimica).

Nel Codice sono state prese in considerazione le tecniche e le misure che, oltre ad aver dimostrato un'effettiva efficacia, permettono una riduzione emissiva di ammoniaca maggiore del 30% e garantiscono la sostenibilità economica, la fattibilità tecnica di applicazione e la produttività aziendale. Pertanto, il suddetto Codice riporta le principali misure da adottare per la riduzione delle emissioni distinguendole fra obbligatorie e facoltative. 

Per quanto concerne la
 direttiva n. 2010/75/UE (Direttiva IED), il principale strumento giuridico dell'UE per la regolamentazione delle emissioni industriali, subordina il rilascio delle autorizzazioni per le installazioni industriali nel rispetto delle migliori tecniche disponibili (BAT-Best Available Techniques) ed ha l'obiettivo di evitare o ridurre al minimo le emissioni inquinanti nell'atmosfera, nelle acque e nel suolo, nonché i rifiuti provenienti da impianti industriali e agricoli. Le attività zootecniche soggette ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) sono quelle riguardanti gli allevamenti zootecnici intensivi di pollame e di suini aventi 40.000 posti pollame, 2.000 posti suini da produzione di oltre 30 kg e/o 750 posti scrofe.

Nell'aprile dello scorso anno, la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della Direttiva IED che amplia il campo di applicazione e le finalità della norma. Tale proposta, in particolare,
 ha esteso le disposizioni normative previste dalla Direttiva agli allevamenti di bovini e ha introdotto la soglia basata sulle Livestock Unit (LSU pari alle unità di bovino adulto - UBA in italiano) come parametro da utilizzare per la classificazione delle aziende soggette ad autorizzazione. 

Nel dettaglio, la proposta iniziale presentata dalla Presidenza prevedeva 150 LSU come soglia di assoggettabilità per gli allevamenti di bovini, suini e pollame. La Presidenza svedese, nel corso del negoziato, ha previsto una differenziazione delle LSU a seconda delle specie zootecniche (250 LSU per il pollame e 300 LSU per i bovini e suini).

Il 16 marzo 2023, durante il Consiglio ambiente dell'Unione europea, i Ministri dell'Ambiente hanno concordato un orientamento generale sulla proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali con l'inclusione dei bovini nel campo di applicazione della normativa e le soglie di assoggettabilità a seconda delle specie zootecniche (280 LSU per il pollame, 350 LSU per i bovini e suini, 350 UBA per le aziende agricole miste). Inoltre, sarebbero esclusi gli allevamenti estensivi e l'applicazione delle norme sarebbe progressivamente applicata cominciando dalle aziende agricole aventi maggiori dimensioni. Al momento, il Parlamento europeo dovrà adottare la propria posizione all'esito della quale si avvieranno i negoziati.

A riguardo si rappresenta che
 il criterio delle LSU proposto non si riferisce prevalentemente agli allevamenti intensivi e alle sorgenti puntuali d'inquinamento. Le aziende zootecniche, infatti, non possono essere equiparate agli impianti industriali in quanto, oltre a produrre generi alimentari, forniscono beni pubblici di estrema utilità, tra cui, ad esempio, il presidio del territorio. Inoltre, le profonde diversità fisiologiche escludono che il criterio delle LSU sia un modo corretto di equiparare l'impatto ambientale tra le specie zootecniche. 

Infine il notevole abbassamento della soglia rispetto alle disposizioni attuali e l'inclusione dei bovini potrebbero determinare, anche alla luce dell'attuale contesto di crisi economica ed energetica, degli impatti in termini di oneri aggiuntivi alle aziende agricole di natura burocratica e finanziaria; di effetti sulla capacità di approvvigionamento degli allevamenti italiani; di calo della redditività; di perdite di quote di mercato interno da parte dei produttori italiani a favore di quelli di altri Paesi e, conseguentemente, di incrementi delle importazioni dai Paesi extra UE (occorre considerare le diverse modalità di allevamento in termini sia sanitari che ambientali). Tutto ciò potrebbe compromettere l'autonomia alimentare italiana.


GLI SCAMBI CON L'ESTERO DEI PRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE E LE IMPLICAZIONI DELLA REVISIONE DELLA DIRETTIVA IED

I settori interessati dalla direttiva IED e dalla sua revisione occupano un ruolo di assoluto rilievo negli scambi con l'estero dell'Italia. Il nostro paese è importatore netto di molti dei prodotti freschi o semilavorati appartenenti ai comparti dei bovini, suini e avicoli, mentre è esportatore netto di prodotti trasformati.

L'Italia nel 2021 ha importato oltre 1,35 miliardi di euro di animali vivi
, di cui oltre il 90% bovini, a fronte di esportazioni marginali. L'import di carne fresca e congelata dei settori analizzati vale quasi 4 miliardi di euro, circa l'8% di tutto l'import agroalimentare del nostro paese, e riguarda principalmente bovini (50%) e suini (46%). Anche per il latte e crema di latte (incluso in polvere) il saldo è fortemente negativo, con 860 milioni di euro importati a fronte di circa 160 milioni di esportazioni.

Tali dinamiche cambiano completamente se si considerano i 
prodotti trasformati, con le vendite all'estero di prodotti lattiero-caseari e di carni preparate (come prosciutti e salumi) che valgono più di 6 miliardi di euro, vale a dire oltre il 12% dell'intero export agroalimentare del nostro paese. A livello territoriale, sia le importazioni che le esportazioni di questi prodotti sono concentrate principalmente in poche regioni del Nord Italia. I due terzi dell'import di animali vivi, uova, latte, carni fresche e congelate, riguardano Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto e queste stesse regioni concentrano il 75% dell'export di carni preparate e formaggi.

Un aspetto interessante che emerge dall'analisi riguarda i 
mercati di approvvigionamento di questi prodotti.
Quasi tutto l'import proviene dall'area UE, che fornisce all'Italia più del 99% di animali vivi e latte. La Francia è il nostro principale fornitore di animali vivi, con una quota del 75%, mentre più del 60% dell'import di latte proviene da tre paesi: Germania, Francia e Austria. Anche per gli acquisti dall'estero di carni fresche e congelate, l'UE è il mercato di riferimento, con una quota che supera il 90%.

È evidente come la revisione della direttiva IED e gli eventuali effetti sugli allevamenti in Europa possano avere implicazioni nel nostro paese, data la rilevanza dell'Unione Europea come nostro mercato di approvvigionamento per questi prodotti. Dal confronto con gli altri paesi dell'UE emerge, inoltre, come l'Italia sia il principale importatore di animali vivi e tra i principali di carni semilavorate e latte. Mentre dal lato dei prodotti trasformati, l'Italia occupa, insieme a Germania e Paesi Bassi, un ruolo primario per l'export di carni preparate e formaggi.


Fonte: Ilaria Falconi, Giulia Pastorelli e Roberto Solazzo, http://www.pianetapsr.it/ - CSQA

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